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  MOSTRE D'ARTE  

ARCUMEGGIA

   

 

 
UN'IDEA PER UN AFFRESCO IN ARCUMEGGIA
CIRCOLO DEGLI ARTISTI DI VARESE
mostra a cura di Fabrizia Buzio Negri
ARCUMEGGIA - BOTTEGA DEL PITTORE
 17 luglio - 29 agosto 1999
Catalogo: edizioni L.V.G., Azzate (Va),1999

IMMAGINI DELL'INAUGURAZIONE

ARCUMEGGIA, BORGO D'AUTORE
Dal Circolo degli Artisti di Varese, tante idee per un affresco
 
Arx Media. Ovvero, rocca in mezzo a due valli, Valcuvia e Valtravaglia. E' Arcumeggia, tranquillo paese immerso nel verde, dalla specificità inusuale.
Paese 'dipinto', galleria d'arte plein air. Molte le denominazioni coniate appositamente, evocative di quegli affreschi che danno luce e colore alle case, entro le stradine acciottolate che sanno d'antico.
Dalla provinciale trafficata, veloce scorrimento verso Luino, bisogna inerpicarsi lungo una via contorta e ripida, fino a un'altitudine di circa ottocento metri. La piccola località, sulle pendici del Monte San Michele, è frazione di Casalzuigno; da qui lo sguardo sale a ritrovare la fitta vegetazione di castagni, di querce, con la presenza delle robinie e di un sottobosco folto e variegato.
Il suggestivo agglomerato di case rurali racconta di una società agricola con attività legate alla pastorizia. Come dire: l'odore di fieno e il sapore di latte appena munto.
Se dal latino Arx Media deriva il suo nome, nel medioevo Arcumeggia risulta essere compresa nel contado del Seprio. Le vicende del borgo valcuviano sono legate a territori più estesi e in essi si confondono. Fino a quel fatidico 1955, quando prende vigore un'idea originale. La storia di Arcumeggia, pinacoteca all'aperto, nasce quando l'allora Ente Provinciale per il Turismo di Varese, per voce del suo presidente, il dottor Mario Beretta, eminente internista e cardiologo, persona molto sensibile ai fatti d'arte, intende proporre un'immagine diversa del Varesotto, al di là dello stereotipo ben radicato di ricca terra votata all'industria e ai commerci. Il dottor Beretta e il direttore dell'EPT, Manlio Raffo, guardano ad Arcumeggia, a quel borgo antico tra i monti della Valcuvia, a un passo dal Canton Ticino e non distante da Milano.
 
Dal 1956 prende a vivere nella piccola frazione di montagna la Galleria dell'Affresco. Un anno dopo, viene costruita la Casa del Pittore, luogo di soggiorno per gli artisti. La formula si rivela subito originale: ogni anno un artista di fama giunge nell'estate ospite di Arcumeggia e si impegna, durante la permanenza, a realizzare sulle pareti delle case un affresco.
L'antesignano, il primo pittore ad arrivare lassù, è Achille Funi che dedica alla fede della gente arcumeggina una dolcissima "Madonna" inscritta in una piccola edicola nello slargo di accesso al paese. Poi, arriva Gianfilippo Usellini, grande amico ed estimatore di Arcumeggia. La tematica pittorica di Usellini diviene toccante. E' "Il ritorno dell'emigrante", argomento particolarmente sentito dalla gente del luogo. Allora erano 150 abitanti; ora vi risiedono solo sessanta persone. Uno spopolamento - angoscioso per chi rimane -. che ha svuotato le frazioni montane un pò ovunque.
E qualche anno più tardi, dopo il festoso "Ritorno", ecco apparire la greve tristezza de "La partenza dell'emigrante" di Giuseppe Migneco.
 
La fama di Arcumeggia rapidamente cresce; giungono grandi pittori a lasciare il loro segno e la propria cifra stilistica sui vecchi muri delle abitazioni. Lungo l'acciottolata Via Beretta si incontrano le opere di Ernesto Treccani che nel 1974 esegue l'idea di una "Vita Agreste", mentre Eugenio Tomiolo tinge d'astratto la sua fantasiosa "Speranza". Non distante compare la vitalità coloristica de "I Corridori" di Aligi Sassu, protagonisti Fausto Coppi e altri storici assi del pedale, Bartali, Magni, incitati dai tifosi mentre affrontano una salita. Il tutto, nel segno di quella tradizione ciclistica molto forte nel Varesotto, se si pensa a campioni come Binda o Ganna.
Remo Brindisi dipinge un'intera parete con "Abitanti e lavori del posto". E' il più grande affresco; ora appare un pò sbiadito.
Verso la parte alta di Arcumeggia, dove si rintraccia la Casa del Pittore con la sua storia e le opere d'arte incluse, si trovano "Il trionfo di Gea" del romano Sante Monachesi e una "Composizione" di Montanarini, molto provata dal tempo, così come quasi illeggibile è l'affresco "Madonna e Angeli" di Cristoforo De Amicis. Alle porte del paese, si esordisce, entro un'intima domestica emozione, con "La spartizione della polenta in famiglia" nel più significativo colorismo di Innocente Salvini, mentre Aldo Carpi celebra con delicatezza soffusa "S. Ambrogio che benedice Arcumeggia".
Giuseppe Montanari è ben presente con l'immediato vigore compositivo di "San Martino e il povero" e con "I Pugilatori". Enzo Morelli firma, sopra un'antica fontana, una "Samaritana al pozzo" e Fiorenzo Tomea un tormentato, solitario "Crocifisso". Bruno Saetti, all'ingresso di un'abitazione, affresca una beneaugurante "Maternità". Gianni Dova offre alla visione una festosa "Corrida" di fronte alla Locanda del Pittore e Umberto Faini, una recente opera dal titolo "Allegoria". Ancora, di Menzio "I bambini tra gli alberi" e di Brancaccio "Ragazza alla finestra".
 
Un discorso a sè stante merita la "Via Crucis" che circonda il sagrato della Chiesa Parrocchiale, con le sue 14 stazioni dipinte dai più noti artisti della contemporaneità, su due quinte di muro create appositamente. Non un'unica mano per la sacra sequenza, ma 11 artisti che dal 1958, anno dell'avvio dei lavori, si impegnano nell'esecuzione fino al 1965.
Monachesi 'vede' Gesù sotto il tremendo peso della Croce; l'incontro di Maria con il Figlio di Dio è di Remo Brindisi. Citiamo ancora l'aiuto dato dal Cireneo al Cristo nell'opera di Morelli; di Montanari, l'incontro con le pie donne.
All'Usellini appartengono la Terza Caduta e la Deposizione. Di Sassu è "Gesù inchiodato alla Croce". Di Carpi, la Prima Caduta e la Morte in Croce.
E dal sagrato, una stupenda veduta panoramica sui monti e sulla vallata, verde e selvaggia.
 
Tradizione e cultura hanno fatto sì che Arcumeggia divenisse il simbolo dei molti paesi 'dipinti' e il fulcro di una continuità di apprendimento di una tecnica antichissima, tipicamente italiana, qual è l'affresco. Una tecnica che ha specificità uniche (ben distinte da altri metodi per dipingere su muro) come quelle di lavorare su un intonaco debitamente preparato e bagnato (fresco) in funzione di una reazione chimica tra la calce spenta di tale intonaco e l'anidride carbonica dell'atmosfera. Da questa sorta di alchimia, deriva il fissaggio dei colori. Determinante è la preparazione della superficie con il rinzaffo e l'arricciato, poi spianato per attuare il riporto del disegno, sì da far risultare ben visibile la 'sinopia', in grado di fornire l'impressione d'insieme del progetto.
 
Il Circolo degli Artisti di Varese, la storica associazione d'arte attiva sotto varie denominazioni dal 1920, continua a proporre nel presente eventi espositivi artistici senza mai perdere il contatto con le radici del passato. E a ripercorrere la storia dell'arte a Varese, è arrivata, nel 1997 al Salone Estense, "Varese-Un percorso d'arte 1920-1997", mostra che ha proposto i momenti salienti e le vicende dell'arte attraverso nomi più o meno celebri, ma ugualmente significativi. Nel '98 l' "Omaggio a Innocente Salvini, sulla strada del mulino, tra la sua gente", al Museo Salvini di Cocquio Trevisago, ha riallacciato le fila di una ricerca straordinaria.
Prima ancora il Circolo si era mosso sulle "Orme di Masolino" nello stupendo Palazzo Branda, a Castiglione Olona. Ancora prima aveva vissuto il tempo del successo "Nel segno di Tavernari" e tra le pagine affascinanti di Piero Chiara.
Ora il Circolo ha chiamato a raccolta una quarantina di artisti famosi, conosciuti e amati dal pubblico, con la presenza fattiva di parecchi giovani che incalzano, per attuare un'idea per un affresco ad Arcumeggia. E' solo un'ipotesi di affresco, in un preciso contesto ambientale. Pittura e scultura: tecniche e tendenze diversificate, tematiche sgorgate dalla fantasia, dal sogno, oppure dalla realtà. Ogni artista si è espresso liberamente, inseguendo soltanto i propri pensieri, i ricordi, le passioni, le emozioni. Ancora una volta, la mostra si inscrive in quella storia dell'arte non soltanto varesina, con una traccia indelebile.

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